L’invecchiamento dell’Aceto Balsamico è una parte fondamentale della produzione dell’oro nero. Quest’ultima, in particolare per il Tradizionale DOP, è regolamentata da ferree regole imposte dai consorzi di riferimento che ne determinano precisi procedimenti e parametri.
L’invecchiamento dell’Aceto Balsamico, è talmente importante da delineare tre tipologie di prodotto: l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP e l’Aceto Balsamico di Modena IGP. Tutte queste tre tipologie sono riconosciute dagli enti internazionali e protette dai consorzi per la tutela di riferimento. Questi consorzi, onorando la storia e la lunga tradizione di questo prodotto, dettano rigide regole sulla produzione dell’Aceto Balsamico, la quale, per ora senza dilungarci, comprende la selezione delle materie prime, l’acetificazione, l’invecchiamento e l’imbottigliamento.
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Oggi, in questo articolo, ci soffermeremo particolarmente sulla fase relativa all’invecchiamento dell’Aceto Balsamico, analizzando il modo in cui avviene e le principali differenze tra aceti balsamici con certificazioni diverse, ma prima cerchiamo di comprendere cosa siano queste tre certificazioni.
Indice:
Le varie tipologie di Aceto Balsamico
Cercando di chiarire il più possibile un argomento alquanto bistrattato dall’industria culinaria di larga scala mondiale, vediamo quando un aceto può ritenersi degno di chiamarsi Balsamico.
Come dicevamo sono riconosciute tre differenti ricette di Aceto Balsamico, con ben due certificazioni DOP e una IGP.
L’Aceto Balsamico Tradizionale DOP, sia di Modena che di Reggio Emilia, è quello con la qualità maggiore. Questa differenza di qualità è dovuta a regole più ferree dettata dai due consorzi di riferimento, le quali prevedono una più accurata selezione delle materie prime (ad esempio l’uva deve provenire solamente da vigneti locati rispettivamente nelle province di Modena a di Reggio Emilia), l’esclusione di altri ingredienti oltre al mosto d’uva e, come si vedrà nel dettaglio più avanti nell’articolo, lunghissimi tempi per l’invecchiamento (almeno 12 anni per definirsi Tradizionale DOP).
L’Aceto Balsamico di Modena IGP, pur rimanendo un eccellente prodotto, non è sicuramente tanto pregiato quanto le tipologie DOP. Le regole imposte dal disciplinare del consorzio di riferimento sono molto meno rigide, consentendo l’utilizzo di uve proveniente da vigneti locati in altre province (o nazioni), l’aggiunta di altri ingredienti come aceto invecchiato e caramello e150d, nonché tempi di invecchiamento decisamente ridotti.
Come nasce l’Aceto Balsamico
Vediamo ora le fasi salienti della produzione del vero Aceto Balsamico, le quali sono essenziali per donare a questo prodotto il caratteristico e riconoscibilissimo sapore amato in tutto il mondo.
Partiamo, come si diceva in apertura, dalla selezione delle materie prime.
Questa fase è essenziale per partire con il piede giusto nella produzione, utilizzando quindi solamente uve di primissima qualità e di tipologie legate alla tradizione del territorio emiliano. Possiamo citare a tal proposito Lambrusco, Spergola o Berzemino. Senza dilungarci ulteriormente su questo punto, abbiamo già visto nel paragrafo precedente come la selezione delle materie prime si diversa tra Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Reggio Emilia DOP e Aceto Balsamico di Modena IGP, con i disciplinari di quest’ultima tipologia meno ferrei nella selezione dell’uva e che consentono l’aggiunta di altri ingredienti.
A questo punto il mosto d’uva, dopo essere stato cotto, viene messo all’interno delle caratteristiche botti di legno pregiato, dove avverranno i successivi passaggi della produzione. All’interno delle botti ci sarà quella che molti ritengono la vera elaborazione dell’Aceto Balsamico, ovvero l’acetificazione, la quale consiste in un processo di fermentazione tramite l’utilizzo di colonie batteriche accuratamente selezionate.
Prima di procedere all’invecchiamento, il preparato ottenuto dopo l’acetificazione deve passare da un’ulteriore fase, chiamata affinamento. Questo prodotto intermedio deve riposare per un determinato periodo all’interno delle botti di legno. Al termine di questo periodo verrà esaminato da degli esperti, i quali giudicheranno se il prodotto rispetta tutti i canoni dettati dai consorzi e dalla tradizione. Solamente se il contenuto delle botti supererà questa prova sarà pronto a sottoporsi al lungo processo di invecchiamento e a diventare vero Aceto Balsamico.
L’invecchiamento dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP
Quando si parla di Aceto Balsamico Tradizionale DOP si può parlare di due tipologie differenti di Aceto Balsamico, entrambe riconosciute a livello internazionale: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP.
Per quanto riguarda l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP di Modena la fase di invecchiamento deve durare almeno 12 anni per far in modo che il prodotto possa definirsi Aceto Balsamico Tradizionale DOP.
Dodici anni però non è di certo il limite massimo per l’invecchiamento dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP. Secondo i disciplinari dei due consorzi di tutela, infatti, l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP può invecchiare anche oltre i venticinque anni. Nel caso dell’ Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP il relativo consorzio indica che questo è l’unico modo per ottenere la certificazione di extravecchio, diversamente con l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP per fregiarsi del bollino oro (massima certificazione di qualità) oltre ad invecchiare per almeno venticinque anni, il prodotto deve raggiungere, sempre secondo il consorzio, all’analisi sensoriale effettuata da maestri degustatori appartenenti al consorzio di tutela, un punteggio di valutazione pari o superiore a trecento su di una scala di valutazione che va da zero fino ad un massimo di 345 punti diventando così prodotti ancora più pregiati, residenti nell’Olimpo della qualità culinaria.
L’invecchiamento dell’Aceto Balsamico di Modena IGP
La fase di invecchiamento è completamente diversa quando si parla di Aceto Balsamico di Modena IGP.
In questo caso, infatti, la durata di quest’ultima fase e nettamente ridotta. Per poter godere della certificazione IGP, l’Aceto Balsamico deve invecchiare all’interno delle botti di legno per un periodo di almeno sessanta giorni, il quale è, come è facile da intendere, nettamente inferiore rispetto al limite minimo di dodici anni imposto dai disciplinari dei consorzi DOP.
Anche per quanto riguarda l’Aceto Balsamico di Modena IGP abbiamo un secondo step di invecchiamento necessario per avere un prodotto certificato di qualità superiore. In questo caso non si parla però dei venticinque anni dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP extravecchio, ma sono necessari solamente tre anni per definire un Aceto Balsamico di Modena IGP invecchiato. La parola invecchiato potrà essere, in riferimento all’invecchiamento del prodotto, l’unica dicitura scritta addizionale presente sull’etichetta di una bottiglietta di Aceto Balsamico di Modena IGP. Se hai dei dubbi su come leggere le etichette dell’Aceto Balsamico per effettuare un acquisto consapevole, leggi il nostro articolo scritto ad-hoc.
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Conclusioni
Al termine di questa analisi possiamo facilmente notare come ci siano molte differenze tra l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP e l’Aceto Balsamico di Modena IGP.
Queste differenze derivano anche dallo scopo per cui i due prodotti sono stati pensati, nonché dalla tradizione che si portano appresso.
L’Aceto Balsamico di Modena IGP, ovvero la tipologia più comune e diffusa, è un prodotto che deriva dalla produzione del Tradizionale DOP ed è anche oggi pensato per arrivare su più tavole possibili.
L’Aceto Balsamico Tradizionale DOP, invece, deriva da una tradizione più nobile ed è oggi un prodotto pregiatissimo e di altissima qualità, fortunatamente esportato e amato in tutto il nostro globo.