Dalle prime testimonianze fino ad oggi, la storia dell’Aceto Balsamico DOP e IGP è straordinaria. In questo articolo vedremo il lungo viaggio che ha portato l’Aceto Balsamico fino a noi.
La storia dell’Aceto Balsamico è tradizione, cultura e pregio. Esso è, ad oggi, tra i prodotti culinari italiani più amati ed esportati in tutto il mondo, nonché un pregiatissimo condimento proveniente da una delle cucine migliori del nostro pianeta: quella emiliana.
Parte della sua fama è senza dubbio dovuta alla storia dell’Aceto Balsamico stesso, un prodotto in grado non solo di dare nuove note di sapore ai cibi, ma anche di raccontare una storia lunga secoli.
È proprio grazie a questa sua incredibile ed importantissima storia che oggi noi possiamo godere di un prodotto di qualità altissima e delle sue note di sapore così caratteristiche e ben riconoscibili.
Eccoci quindi pronti a raccontare la storia dell’Aceto Balsamico.
Indice:
Gli antenati dell’Aceto Balsamico
Giusto per iniziare a dare qualche indicazione, diverse fonti testimoniano come addirittura già ai tempi delle prime civiltà mesopotamiche l’utilizzo degli aceti era davvero massiccio: siamo addirittura nel III millennio a.C.
Passando per gli Antichi Egizi, i quali diedero un grande impulso alle tecniche della cottura del mosto, arriviamo ai Romani.
Nel I secolo d.C, fu addirittura Virgilio nelle Georgiche a spendere parole descrivendo la cottura del mosto nelle zone di Modena, fatto che fa ipotizzare a molti esperti che le radici dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP di Modena siano da ricercare proprio agli inizi dell’Impero Romano.
Nel Medioevo: Reggio Emilia e Matilde di Canossa
È nel Medioevo che si notano le prime rivoluzioni nella produzione dell’Aceto Balsamico, facendo diventare un prodotto ancora molto grezzo sempre più vicino a quello raffinato che conosciamo noi oggi.
Il primo scarto con il periodo precedente è dovuto sicuramente all’introduzione delle botti in legno, le quali sostituirono le anfore in terracotta.
Il più celebre aceto di questo periodo è quello di Canossa, una località oggi in provincia di Reggio Emilia.
La fonte più attendibile di questo periodo è Vita Mathildis, una biografia risalente al XII secolo sulla Grancontessa Matilde di Canossa scritta dal monaco benedettino Donizione.
In questa opera viene descritto come nobili di tutto il mondo mandassero messaggeri a Canossa per riportare in patria il celebre aceto.
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Le Tipologie di Aceto Balsamico e la loro storicità
Quanto detto finora potrebbe essere stato un po’ confusionario per i meno esperti. Nel presente paragrafo cercheremo quindi di tirare le somme e di distinguere chiaramente le tre tipologie riconosciute a livello internazionale di Aceto Balsamico.
Partiamo con il dire che attualmente ci sono principalmente due tipi di Aceto Balsamico: l’Aceto Balsamico di Modena IGP e l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP.
L’aceto protetto dal marchio IGP è il più diffuso, ma anche quello con una qualità inferiore. Ad esempio, è meno regolamentata la selezione degli ingredienti e non richiede un lunghissimo processo di invecchiamento.
L’Aceto Balsamico Tradizionale, invece, protetto dalla Denominazione di Origine Protetta (DOP), si distingue in Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e in Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP. Queste ultime tipologie assicurano una qualità maggiore grazie ad una più attenta selezione delle materie prime e invecchiamenti più lunghi, distinguendosi l’una dall’altra per la provenienza dell’uva, l’imbottigliamento, caratteristiche fisiche e chimiche, oltre che in alcune note di sapore.
Questo aceto molto probabilmente era decisamente differente dal Balsamico che conosciamo oggi, ma godeva già di buona fama tra gli intenditori di Europa, tra cui anche l’imperatore di Franconia Enrico II.
Nel Rinascimento: Modena e la famiglia Este
Con l’età rinascimentale iniziò una vera e propria rivoluzione nei gusti alimentari dell’aristocrazia italiana, fatto che permise all’Aceto Balsamico di guadagnare un posto tra i prodotti alimentari più amati.
Ai tempi, però, esistevano ancora molte ricette di Aceto Balsamico e la documentazione a riguardo è scarna per lo meno fino al 1598, anno in cui Modena diventò capitale del Ducato Estense, come ben spiegato nel libro sulla storia della famiglia Este.
In questo anno, tutti i nobili portarono nella nuova capitale come dono alla famiglia estense vari aceti tradizionali delle proprie province. Le ricette di questi si mischiarono con quelle già in uso da tempo a Modena, creando man mano prodotti sempre più simili all’Aceto Balsamico Tradizionale DOP che conosciamo noi oggi. Sempre in questo periodo, la documentazione storica e i ricettari si fanno sempre più precisi, omologandosi lentamente verso una ricetta precisa e condivisa da tutti gli appassionati.
Il processo è comunque stato lunghissimo, come testimonia il fatto che per trovare la parola “balsamico” nella cantina degli Este dobbiamo aspettare addirittura il 1747.
La storia dell’Aceto Balsamico: dall’Unità d’Italia ai giorni nostri
Fino a questo punto l’Aceto Balsamico era sì un prodotto molto conosciuto nel Ducato Estense e tra gli appassionati d’Europa, ma non era ancora così diffuso capillarmente.
È con l’Unità d’Italia che l’Aceto Balsamico diventa globalmente riconosciuto come un prodotto pregiatissimo.
Quando il Ducato Estense divenne parte del Regno d’Italia, il re Vittorio Emanuele II prese i migliori vaselli dalle acetaie emiliane per inviarle a Moncalieri, in Piemonte.
Qua, però, nessuno sapeva realmente come produrre e conservare l’Aceto Balsamico, con il rischio così che gran parte dei più pregiati vaselli diventassero di fatto spazzatura. Gli enologi piemontesi si rivolsero quindi a Francesco Agazzotti, celebre agronomo modenese, che spiegò loro tutto ciò che c’era da sapere sull’Aceto Balsamico.
Le lettere dell’Agazzotti sono incredibilmente precise e funsero da base per la nascita della grande leggenda dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP, spiegando passo per passo la produzione del più pregiato aceto del mondo.
Accanto a questa tradizione, continuò a svilupparsi una più contadina, oggi base del ben più diffuso ma meno pregiato Aceto Balsamico IGP.
Arrivando nella seconda metà del Novecento, abbiamo la nascita dei primi consorzi. Da notare che, ancora nel 1967, con la fondazione della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP di Modena, venne presa la lettera dell’Agazzotti per definire con precisione la metodologia di produzione dell’Aceto Balsamico divenuto DOP.
Più Aceti Balsamici, più consorzi
Dopo anni e anni di diatribe tra gli appassionati, l’Unione Europea ha deciso di mettere a tacere tutte le polemiche sulle diverse tipologie di Aceto Balsamico, delineando a partire dal 2000 una situazione rimasta praticamente invariata fino ad oggi.
Sono stati infatti riconosciuti alla fine del secolo scorso due diverse Denominazioni di Origine Protetta (DOP), ovvero due differenti Aceti Balsamici Tradizionale DOP: quello di Modena e quello di Reggio Emilia, differenti non solo per la locazione dei vigneti, ma anche per l’imbottigliamento e alcune note di sapore.
Ovviamente, accanto a questi due pregiatissimi consorzi, vi è anche il più diffuso Aceto Balsamico di Modena IGP, il quale rimane comunque, in alcuni casi, un prodotto di altissimo livello nonché il diretto discendente del Balsamico Tradizionale DOP, simbolo di una tradizione contadina lunga moltissimi secoli.
Conclusione
Raccontare questa breve storia dell’Aceto Balsamico è stato un onore, nella speranza di aver trasmesso il messaggio chiave: scegliendo di acquistare dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP si sceglie di acquistare un prodotto pregiato e di tradizione. Si sceglie di acquistare parte della storia del territorio emiliano, frutto di una tradizione tramandata nei secoli e risalente ad epoche lontanissime dalla nostra.